Da quando l’uomo ha messo piede al mondo, ha iniziato a esprimersi tramite diverse forme artistiche. Le prime testimonianze di arti figurative sono le pitture rupestri risalenti al Paleolitico: è da almeno quarantacinquemila anni che l’uomo sente il bisogno, intrinseco alla sua natura, di rappresentare le sue esperienze: esso è lo stesso impulso che lega i writers moderni ai loro antenati preistorici. Questo filo rosso lega uomini di epoche molto diverse: a Pompei, città sommersa dalle ceneri provenienti da un’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., era un’usanza comune scrivere sui muri della città. Sui muri della città si potevano trovare profezie, ma anche annunci di vendite, poesie e messaggi d’amore: ciò è molto connesso con le odierne poesia di strada, in quanto non si trattava propriamente di arte figurativa, ma di scritte sui muri vere e proprie. Un esempio di poesia pompeiana, scritta in esametri sulle mura di un negozio, è questo: “Pieni di desiderio siamo venuti qui, / assai più volentieri vorremmo andarcene”.
Nella Francia del diciottesimo secolo troviamo un altro esempio di espressione artistica “ironica” sui muri: il re vietò l’accesso alla tomba del diacono Franҫois de Pâris, visto che in molti si recavano lì per cercare di ricevere un miracolo, e dato il fatto che il diacono fosse un giansenista, e che i giansenisti non fossero ben visti dal re e dalla Chiesa di Roma, dai quali venivano bollati come eretici. Così, venne affisso anonimamente un manifesto sulla recinzione del cimitero, che così recitava: “Da parte del re, è vietato a Dio di fare miracoli in questo luogo”. Anche se non si tratta di una scritta sui muri vera e propria, ma dell’affissione di un manifesto, ritroviamo in ciò alcune analogie con il graffitismo moderno, come l’anonimato dell’autore, adoperato per preservare la propria libertà d’espressione dalle persecuzioni del potere regio.
In tempi più recenti, durante la seconda guerra mondiale, era usanza dei soldati americani scrivere nei luoghi in cui si accampavano, o dove transitavano, la frase “Kilroy was here” (“Kilroy è stato qui”), accompagnata dal disegno di Kilroy, un ometto calvo stilizzato: da alcuni questo è visto come il vero punto d’inizio del graffitismo. Negli anni ’60 inizia invece a svilupparsi negli Stati Uniti il graffitismo vero e proprio, che si espanderà rapidamente, arrivando a diventare il movimento diffuso a livello planetario che conosciamo oggi. Da esso, a fine anni 90’, nasce in Messico “Accion Poetica”, il primo movimento di poesia di strada fondato da Armando Pulido. La poesia di strada è una forma artistica non figurativa, che si è espansa negli anni fino a diventare diffusa in tutto il mondo attorno al 2015. In Italia oggi ci sono vari poeti di strada, il cui scopo è far tornare “di moda” la poesia scrivendola, appunto, per le strade.
Per quanto gli uomini di diverse società e vissuti in tempi molto distanti fossero differenti, l’impulso artistico di esprimersi li accomuna tutti. Essi scelgono di farlo nei modi più svariati e, alcuni, scelgono di esprimersi sui muri, per far sì che la fruizione delle loro opere non resti nascosta, ma che sia fruibile a tutti. Del resto, quasi ogni artista non se ne fa nulla di un’opera d’arte che non venga condivisa: esso crea sia per sé che per gli altri, e i muri saranno sempre, come sono sempre stati, tirati in causa in questo processo, finché l’uomo e la sua arte esisteranno.
Poeta della Serra